2 – Teatro Greco

Il teatro, opera dell’architetto: Damocopo, detto Myrilla, esistette già nel V secolo a.C.; Eschilo vi rappresentò per la prima volta le Etnee, scritte in onore del tiranno Ierone I nel 476 a.C. e “I Persiani”. Ma l’aspetto attuale, che lo classifica fra i più grandi teatri del mondo greco, si deve al radicale rifacimento voluto da Ierone II nel III sec. a.C.
Nei secoli, tutte le parti costruite furono distrutte per ricavarne materiale da costruzione per le fortificazioni cinquecentesche e, più tardi, per l’impianto di alcuni mulini ad acqua che nel XVI secolo furono installati sulla cavea e nelle adiacenze.
Progressivamente demoliti nel corso delle lunghe operazioni di recupero e restauro del teatro, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, ultima testimonianza della loro esistenza è la cd. “casa dei mugnai”, piccolo edificio a torre che sovrasta la parte orientale della cavea.

Ciò che rimane della grandiosa mole del teatro antico è il nudo scheletro dell’edificio scavato nella roccia: la parte media e inferiore della cavea (la parte superiore era in blocchi), l’orchestra e la parte basamentale dell’edificio scenico.
La cavea, spazio destinato agli spettatori, misura m. 138,60 m. di diametro. Divisa in due settori, in senso orizzontale, da un ampio corridoio (diazoma) a metà altezza, comprendeva in origine 67 ordini di gradini; otto scalette, delineando in senso verticale nove cunei, permettevano l’accesso ai vari ordini.


Sulla parete che delimita a nord il diazoma sono incise, in corrispondenza di ciascuno dei cunei, delle iscrizioni che riportano il nome di divinità e membri della famiglia di Ierone II. Al centro, il nome di Zeus Olimpio; ad est, quello di Eracle; ad ovest, i nomi di Ierone II, di sua moglie la regina Filistide, di Nereide sua nuora; su questo lato era probabilmente anche il nome del figlio Gelone II, Ieronimo.
Il terrapieno su cui era edificata la parte superiore della cavea era sostenuto da un muro (analemma). L’accesso all’orchestra avveniva originariamente dai due lati dell’edificio scenico; in un secondo tempo, furono ritagliati due passaggi (parodoi) arretrando parte dei muri frontali di contenimento.
L’orchestra è lo spazio semicircolare ai piedi della cavea in cui agiva il coro, componente essenziale dell’azione drammaturgica antica. Intorno, correva un canale (euripo), che separava lo spazio riservato al coro da quello destinato agli spettatori. Il piano era originariamente pavimentato con lastre di marmo.
Dell’edificio scenico non restano altro che le numerose tracce impresse sulla roccia (fori, cavità, cunicoli, canalette), spesso difficilmente interpretabili, che testimoniano delle molteplici trasformazioni subite attraverso i secoli, soprattutto nel passaggio fra l’età ellenistica e quella romana. Un lungo canale scavato nella roccia che attraversa l’orchestra in senso N/S, è stato interpretato come “scale carontee”, un sistema di passaggi coperti che permetteva l’apparizione o la scomparsa improvvisa di personaggi sulla scena. Un altro canale in senso est-ovest era forse utilizzato per l’alloggiamento e la movimentazione del sipario.
Ai lati, due grandi piloni risparmiati nella roccia furono inclusi, in età romana, nella scena, modificando gli accessi.
In età tardo-imperiale, l’orchestra fu adattata per ospitare spettacoli di giochi d’acqua (colymbetra). Gli ultimi rifacimenti risalgono all’inizio del V secolo, quando il governatore della Sicilia Nerazio Palmato apportò nuove modifiche all’edificio scenico.