Statua raffigurante il dio Priapo, notevole sia per l’insolito soggetto che per lo stile realistico del nudo maschile.
Scolpita in calcare locale, può essere attribuita a uno sconosciuto artista siracusano e appartiene ad un interessante gruppo di sculture siracusane dell’età di Ierone II (272-215 a.C.).
Il dio è raffigurato nudo, con le normali fattezze grottesche e i capelli in ciocche ondulate, bipartite e trattenute da una fascia, mentre sul petto, scomposte, creano un contrasto con il suo fisico atletico. Con le gambe unite, le dita dei piedi afferrano con forza la terra per mantenere l’equilibrio. L’addome è esteso per mostrare il fallo eretto, che è mancante, ma che in origine era inserito nell’apposita cavità, probabilmente di legno. La statua ha quasi il carattere di un’erma, quindi le braccia sono mancanti, come dimostra il taglio di quello sinistro, da cui è evidente che non si tratta di una rottura. La pietra è lavorata con facilità, evidenti sono i resti della raspa sulle superfici.
L’opera va annoverata fra le più antiche testimonianze scultoree in assoluto del culto di Priapo, divinità che rappresenta la forza sessuale maschile, le cui immagini, spesso di legno e di forma molto più rozza, avevano la funzione di proteggere i giardini e i vigneti dai ladri. Il culto del dio fu introdotto in Sicilia dalla Grecia, forse nel IV secolo a.C., se non prima. Numerosi sono gli accenni a Priapo nelle poesie di Teocrito, dove figura come compagno di Pan ed abita le colline non coltivate frequentate dai pastori. Come Pan, è un pericoloso dio campestre con carica erotica, da trattare con rispetto. Il marcato realismo del corpo maschile trova confronti stilistici a Pergamo e altrove nello stesso periodo, fra primo e tardo Ellenismo. Sembra probabile che originariamente la statua proteggesse un giardino monumentale nella vasta area pubblica di età ellenistica attorno all’odierna piazza Adda e che sia stata vittima del saccheggio del 212 a.C. Il culto del dio Priapo continua in età romana, sia come protettore dei giardini, sia nella poesia minore latina.