Vaso globulare ottenuto da un impasto grigiastro, con qualche variazioni di colore per effetto della cottura; dalla superficie ben lisciata. Si presenta con l’orlo indistinto, il collo tronco-conico, il corpo arrotondato e schiacciato, il fondo convesso; quattro ansette tubolari, diametralmente opposte, sporgono nel punto di massima espansione del vaso, destinate ad alloggiare la cordicella (ottenuta da semplici fili di erba intrecciati) che avrebbe consentito la sospensione. La decorazione, impressa a stampo ed evidenziata con riempimenti biancastri di calcare triturato, è organizzata sul corpo a larghe bande a chevrons, di cui due disposte in senso verticale su una faccia e tre, orizzontale sull’altra.
La produzione della ceramica rappresenta una delle principali innovazioni del Neolitico, insieme alla scoperta della pastorizia e dell’agricoltura e alla nascita dell’insediamento stanziale. L’orizzonte culturale cui appartiene il nostro vaso rientra in una fase avanzata del Neolitico siciliano, nota come facies di Stentinello, che prende nome dall’omonimo villaggio. Fu rinvenuto a Matrensa, un altro villaggio organizzato del siracusano, dove si praticavano le prime forme di addomesticamento degli animali e pratiche agricole.