Busto femminile di terracotta modellato solo nella parte anteriore. Il volto ovale dalle forme piene è reso con estrema cura, l’occhio destro offuscato, le labbra carnose e ben disegnate, sono leggermente dischiuse, il mento è appena prominente, il collo, lungo, mostra gli anelli di Venere. Le numerose lacune che presenta il volto non impediscono di comprendere la bellezza e la linearità delle sue forme. I capelli, resi a ciocche ondulate, sono bipartiti sulla fronte, coprono le orecchie, di cui restano visibili i lobi forati per l’applicazione degli orecchini, e scendono in due lunghi boccoli fin sulle spalle. Sulla chioma reca una benda-stephane e, sopra, un diadema rappresentato con un bastoncello di argilla appena ingrossato in centro; nella parte posteriore la calotta cranica è resa liscia, con profondi tratti eseguiti a stecca e ad andamento ondulato per indicare la chioma non più resa plasticamente.
Il volto, il collo e la parte scoperta del petto rivelano abbondanti tracce della scialbatura biancastra, che veniva stesa dopo la cottura e serviva per coprire il colore scuro del biscotto (si chiama così l’argilla cotta) su cui poi, sarebbe stato più semplice stendere i colori finali; tracce di rosso permangono sulle labbra, di giallo-oro tra i capelli, di rosso scuro sulla benda-stephane, di bianco e rosso sul diadema-corona. Sul petto, poco al di sopra dell’orlo del chitone, è dipinto il bordo di una tunica aderente al corpo. L’orlo del chitone è marginato da una fascia in rosso scuro su cui sono sovradipinte figure di animali fantastici (volto di fiere e corpo di pesce) affrontati. Il chitone lascia le braccia scoperte e sul davanti ricade con larghe pieghe semicircolari. Il modellato del busto è reso nei suoi volumi fondamentali, non trascurando le notazioni anatomiche e le indicazioni del panneggio. Una larga banda di colore viola si conserva nella parte centrale del chitone.
Il busto è ricomposto da molti frammenti ed in alcuni punti è stato integrato. Esso rientra per tipo in una produzione peculiare e diffusa tra la fine del V ed il IV secolo a.C. presso i coroplasti sicelioti, i quali modellavano i busti che venivano offerti come anathema nei santuari delle divinità ctonie. Il nostro esemplare si colloca tra i capolavori della coroplastica siciliana di IV secolo, dove si distingue per le qualità stilistiche che superano la normale produzione artigianale, ispirato per forma ed espressione, alla grandi opere della statuaria greca attica del V secolo a.C. e a sua volta, ispiratore della vitalità delle realizzazioni del secolo successivo.