5 – Eloro

La piccola città di Eloro è situata sulla costa, a Sud-Est di Noto, su una bassa collina, tra il mare e la riva sinistra del fiume Tellaro. Paolo Orsi vi condusse due campagne di scavo nel 1899 e 1927, che misero in luce una parte delle mura della fortificazione, ben conservate nei lati NE e NO e, nel settore meridionale della città, un tempietto, un gruppo di case ellenistiche e parte della cavea di un teatro.

Indagini stratigrafiche più recenti hanno accertato che ad Eloro è presente una documentazione archeologica risalente già alla fine dell’VIII secolo a.C., che fa riconoscere nella città il primo avamposto di Siracusa verso Sud, sorto per tutelare i suoi interessi economici e politici.

Fu dunque, una subcolonia di Siracusa ma non nacque in seguito ad un vero atto ufficiale di fondazione, tant’è che le fonti non la ricordano, e le stesse mura di difesa, costruite solo nel VI secolo, fanno escludere la priorità della sua funzione militare. È probabile invece, che gli indigeni cacciati via da Siracusa, all’arrivo dei coloni corinzi (Tucid., VI, 3,2), siano stati mandati lì dalla oligarchia siracusana, per popolare una città, dove presto sarebbero giunti altri coloni, che doveva essere baluardo contro l’espansionismo di altre città greche. Dopo la fondazione di Camarina, Eloro perderà questa funzione di avamposto meridionale di Siracusa e diventerà un importante centro religioso con il santuario di Demetra e Core.

Asklepeion. Nell’area urbana del tempietto di cui parlava P. Orsi, gli scavi successivi hanno riportato alla luce due portici che fiancheggiavano una strada lastricata larga 4 m., che ha restituito materiale archeologico riconducibile al periodo romano-repubblicano (II-I secolo a. C.). La strada dal tempio conduceva ad un piccolo edificio rettangolare (27 m a N dal tempietto) con una grande cisterna. Si è così definita un’area recintata che ha fatto pensare ad un santuario dedicato al dio Asclepio dove i portici, aperti verso la strada interna e chiusi all’esterno, potevano servire ad ospitare i fedeli del dio.
Koreion. All’incirca a 50 m di distanza dalle mura di Eloro e 60 m. dal mare, si scoprì un altro edificio composto da vari ambienti, collegati lungo le pareti interne da una panchina alta 50 cm, dove venivano poggiate le statuette votive rinvenute, rappresentanti tutte il tipo di Demetra con fiaccola e porcellino. Per questo l’edificio fu riconosciuto essere un santuario sulla spiaggia dedicato a Demetra e Kore. La collocazione di questo santuario al di fuori delle mura della città conferma la sua identificazione di Koreion come luogo di culto destinato al rito misterico.


Santuario urbano di Demetra. Gli scavi ad Eloro ripresero nel 1967 e interessarono il settore meridionale della città, mettendo completamente in luce un grandioso complesso monumentale dedicato a Demetra che era già stato scoperto alla fine degli anni ‘50. Il tempio prostilo tetrastilo, lungo 68 m. con colonne doriche sulla fronte, fu costruito nella seconda metà del IV secolo. La stoà fu invece realizzata nel II secolo a.C. ed inquadrava il tempio e i piccoli ambienti a N-O, destinati ad accogliere gli ex-voto: le statuette fittili della dea e l’iscrizione “DAMATROS” su un’arula fittile scoperta nell’ambiente 4, avvalorano l’identificazione del santuario dedicato a Demetra.

Colonna Pizzuta. Si tratta di un monumento funerario di età ellenistica, costituito da una colonna interamente di pietra, di forma quasi cilindrica, alta circa 10 metri e posta su una base a quattro gradini. Fu Paolo Orsi ad accorgersi di una grande fossa rettangolare ai piedi della colonna, da dove si apriva una scala di sei gradini che conduceva alla vera camera sepolcrale sotterranea con tre letti funebri ricavati dalla roccia e quattro defunti, uno dei quali era stato deposto a terra, su un tavolato: il defunto del letto di ponente teneva in mano una moneta di bronzo dell’epoca di Ierone II, da cui la conferma a datare il monumento nella seconda metà del III secolo a.C.
La colonna fu notevolmente danneggiata dal terremoto del 1693. Una lapide testimonia l’intervento di restauro del monumento ad opera di Ferdinando di Borbone durante il Regno delle Due Sicilie, alla fine del XVIII secolo, quando la colonna fu cerchiata con i tre anelli di ferro tutt’oggi visibili.